Querelle senza peli sulla lingua tra Matteo Salvini e Amnesty International. L’organizzazione ha replicato al leader della Lega.
Nuova querelle che coinvolge Matteo Salvini, leader della Lega e ministro delle Infrastrutture. In particolare il caso Lucca Comics e la nota di Amnesty International che ha annunciato il suo forfait a causa del patrocinio dell’ambasciata di Israele all’evento. Una situazione che ha generato forte tensione e parole pesanti tra il politico e l’organizzazione impegnata nella difesa dei diritti umani.
Salvini-Amnesty: il caso
Tutto è partito, come anticipato, dalla nota ufficiale di Amnesty Italia in merito alla mancata partecipazione al prossimo Lucca Comics per via del patrocinio dell’ambasciata di Israele all’evento. Le parole dell’organizzazione sono state chiare: “Il patrocinio dell’ambasciata israeliana al Lucca Comics ci spinge a rinunciare alla nostra presenza. Comprendiamo sia prassi consolidata il patrocinio di ambasciate dei paesi di provenienza degli artisti che realizzano l’immagine del festival, ma non possiamo ignorare che le forze israeliane stanno incessantemente assediando e bombardando la Striscia di Gaza, con immani perdite di vite civili”.
Annuncio che non è passato inosservato a Matteo Salvini che sui social – in prima persona o tramite chi segue i suoi profili ufficiali – ha replicato: “Questo si chiama razzismo”.
La replica di Amnesty
Al netto della posizione del Ministro Salvini, immediata è stata la replica dell’organizzazione arrivata a Today.it con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia: “Col suo commento, Salvini in questa occasione ha dimostrato di non sapere cosa sia il razzismo. Strano, perché come dimostrano i vari ‘barometri dell’odio’ di Amnesty International Italia, in quella materia risulta essere decisamente un esperto“.
Nello specifico il riferimento di Noury al “Barometro dell’odio” è ad un report annuale pubblicato dall’organizzazione, che nel 2022, attraverso un monitoraggio costante delle pagine Facebook e dagli account Twitter di 85 politici, ha controllato circa 29 mila post verificando che un contenuto su cento incitava alla discriminazione di una persona o di un gruppo di persone. In tal senso la coalizione del centro-destra avrebbe pubblicato oltre il doppio dei contenuti offensivi e/o discriminatori rispetto alla coalizione del centro-sinistra.